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FESTE RELIGIOSE IN SICILIA
GUERRA DI SANTI
Nell’episodio Feste religiose in Sicilia dell’opera La corda pazza, Leonardo Sciascia fornisce la spiegazione su che cosa sia da intendere per festa religiosa in Sicilia.
“E’, innanzi tutto, una esplosione esistenziale; l’esplosione dell’ es collettivo, in un paese dove la collettività esiste soltanto a livello dell’es. Poiché è soltanto nella festa che il siciliano esce dalla sua condizione di uomo solo, che è poi la condizione del suo vigile e doloroso super-io (stiamo impiegando con approssimazione i termini della psicanalisi), per ritrovarsi parte di un ceto, di una classe, di una città.”
Sciascia non solo riferisce su innumerevoli esempi di santi che ne hanno soppiantati altri, ma cita anche la novella di Giovanni Verga relativa alla zuffa cruenta tra i devoti di san Rocco e di san Pasquale.
“Tutto ciò per l’invidia di que’ del quartiere di san Pasquale, perché quell’anno i devoti di san Rocco avevano speso gli occhi della testa per far le cose in grande; era venuta la banda dalla città, si erano sparati più di duemila mortaretti, e c’era persino uno stendardo nuovo, tutto ricamato d’oro, che pesava più d’un quintale, dicevano, e in mezzo alla folla sembrava una spuma d’oro addirittura. Tutto ciò urtava maledettamente i nervi ai devoti di San Pasquale, sicchè uno di loro alla fine smarrì la pazienza, e si diede a urlare, pallido dalla bile:’Viva san Pasquale’. Allora s’erano messe le legnate. Certo andare a dire viva san Pasquale sul mostaccio di san Rocco in persona è una provocazione bella e buona; è come venirvi a sputare in casa, o come uno che si diverta a dar dei pizzicotti alla donna che avete sotto il braccio. In tal caso non c’è più cristi né diavoli, e si mette sotto i piedi quel po’ di rispetto che si ha anche per gli altri santi, che infine fra di loro son tutt’una cosa. Se si è in chiesa, vanno all’aria le panche; nelle processioni piovono pezzi di torcetti come pipistrelli, e a tavola volano le scodelle.”
Qualche anno fa, sulla falsariga della novella verghiana, scrissi un racconto sulla guerra dei santi Calogero e Gerlando di Agrigento, trama che si fondava su un canovaccio realmente accaduto. Calogero era un eremita popolare, Gerlando, primo vescovo della chiesa agrigentina, era nato a Besancon, nella Franca Contea, da famiglia nobile. Nero, con una barba canuta, ma bello e gentile, Calogero. Alto di statura, bellissimo nella persona, oratore facondo, prudente e abile nel consiglio e nell’azione, Gerlando, che insegnò nelle scuole capitolari.
La ribellione
(racconto breve)
di Ubaldo Riccobono
– Non se ne vanno ancora! – disse il Vicario, dando uno sguardo dalla finestra sulla via del Duomo.
Malgrado si fosse a mezzogiorno in punto e il sole spaccasse le pietre di lava, c’era un popolo, e dai balconi e dalle finestre si sporgevano molti curiosi. Taluni giovinastri alzavano forconi, falci, bastoni, pugni e gridavano frasi minacciose all’indirizzo del vescovado, fischiando stridulamente, accompagnati dal rullo continuo dei tamburi.
– San Calò, viva san Calò! – vociavano le donne sotto il sole, coperte da grandi fazzoletti a fiorami sulle teste; e gli uomini, bruni e arsicci dalla canicola, urlavano di rimando:
– Viva lu santu di li grazzii, divoti! –
Il vescovo, bianco come un cencio lavato, senza andare a vedere, come se appena lo sguardo di quella gente “in arme” potesse ferirlo, si limitò a dire con un filo di voce:
– E le guardie?… Cosa fanno, le guardie?
– E cosa possono fare? – rispose il Vicario – Si godono lo spettacolo!
Il Vescovo sembrava aver perso la baldanza, che lo aveva animato a diramare, il giorno innanzi, la sua prima pastorale, che aboliva i festeggiamenti in onore di san Calogero.
– Festa pagana è! – aveva sentenziato davanti alla consulta diocesana – Non possiamo lasciare il fèrcolo in balia dei portatori avvinazzati, né giustificare il lancio di pane dai balconi e tutte le scene di superstizione e di strane credenze: il santo che suda, la statua che corre tra la folla, come se San Calogero fosse vivo e vegeto. E poi l’assalto della gente che vuol salire per baciare il Santo… San Gerlando è l’unico, vero patrono ufficiale della città… Facciamo un’unica e sola festa grande, restituiamo il culto dei santi alla vera religione. –
Spiazzati, i suoi immediati collaboratori s’erano guardati in viso, senza articolar parola. Poi il Vicario aveva osservato:
– Giusto! Però, per il popolo san Calogero è il santo della povera gente, il santo miracoloso, il Taumaturgo. Non c’è famiglia che non abbia un Calogero.Gli agrigentini credono, e nessuno può levarglielo dalla testa, che il santo sia nato proprio qui, nella grotta sulla quale è stata edificata la chiesa. San Calogero, tutti, nessuno escluso, lo sentono proprio, mentre san Gerlando, per quanto dottore della chiesa, è visto come il santo dei forestieri. –
Il vescovo, però, non ne aveva voluto sentire e aveva ordinato perentoriamente:
– Soltanto Pontificale in chiesa, la prima domenica di luglio – Niente luminarie, né giuochi d’artificio, offerte votive, processione. Il santo non si doveva muovere dall’altare.
La notizia, impetuosa e travolgente come il vento di tramontana, era corsa per tutti i quartieri. Così, già prima che la pastorale giungesse a destinazione, l’indomani, centinaia e centinaia di fedeli erano saliti alla cattedrale di San Gerlando, invadendo la via principale e la grande piazza del Seminario arcivescovile. Era una folla furente: uomini e donne, che chiedevano conto e ragione, che schiumavano rabbia da tutte le parti, con gli occhi accesi e frenetici, che la guardia municipale s’era guardata bene dal contrariare.
– State tranquilli – diceva il brigadiere, che intendeva smussare gli angoli – Tutto si risolverà… state calmi, niente colpi di testa. Sono anch’io uno dei vostri, che credete. Il vescovo è nuovo, non conosce ancora uomini e cose. Un conto è la religione in diocesi, un conto è quella di piazza. Loro lo sanno quanto amate san Calogero… –
Pur dando ascolto alla voce della saggezza, la gente non ne aveva voluto sentire di sgombrare il campo. Se guerra doveva essere, guerra sia, pensavano.Guerra dei nervi, si sperava, perché qualche esagitato disposto al peggio era presente. Il ragionamento, comunque, non faceva una grinza: tu mi togli san Calogero e io ti delegittimo san Gerlando.
– Abbasso san Gerlando! – qualcuno aveva gridato, con impazienza.
A quel grido, l’urlo della folla s’era levato unanime da tutte le bocche, alto e furioso come il mugghio possente d’una mandria di bufali.
– Abbasso san Gerlando! Abbasso san Gerlando! Viva san Calò! Viva san Calò…
Sbigottito, il Vescovo aveva rivolto uno sguardo pietoso al suo Vicario, quasi ad implorare una soluzione, che potesse trarlo d’impiccio.
– Voi capite – aveva detto, allargando le braccia – che non posso fare marcia indietro. La pastorale è già cosa notoria, ne va della mia credibilità.
Il Vicario, che nel frattempo aveva lungamente meditato, gli venne incontro.
– Non possiamo consentire che vi sia una guerra di santi – fece – Il popolo deve amare entrambi. Emaniamo una seconda pastorale, diciamo che vi erano giunte false informazioni sulla festa dello scorso anno, voci di miscredenti a mettere zizzania tra i due santi. Nessuno deve toccarli: entrambi proteggono la città e appartengono al popolo.
Così furono salvati capre e cavoli e san Gerlando riguadagnò credito, quantunque i benpensanti si meravigliassero, come soltanto in questo frangente il popolo si fosse ribellato e mai avesse alzato la cresta per i più gravi problemi sociali. Il culto di san Calogero tuttavia non ebbe mai eguali, come dimostrano i suoi miracoli accreditati dalle filastrocche popolari della gente in tutta la provincia.
San Calò di Agrigentu
i miraculi li fa a centu a centu
San Calò di Naru
i miraculi li fa a migliaru
San Calò di Favara
i miraculi li fa a cantara
San Calò di Canicattì
i miraculi li fa a tri a tri
San Calò d’a marina
i miraculi li fa a cufina
San Calò d’Aragona
a ogni invocazioni miraculu dona
San Calò di Cammarata
i miraculi li fa a tonnellata
San Calò di Realmonti
i miraculi nun li conti
San Calò di Sciacca
a fari miraculi nun si stacca
San Calò di Santo Stefano di Quisquina
i miraculi li fa sira e matina
PIRANDELLO E SAN CALOGERO
Nel romanzo L’esclusa Luigi Pirandello descrive lungamente e magistralmente la festa di san Calogero, anche se i santi citati sono i martiri Cosimo e Damiano.
“Giunsero alla fine nella piazza davanti alla chiesuola, rigurgitante di popolo. Il baccano era enorme, incessante; la confusione, indescrivibile. S’erano improvvisate tutt’intorno baracche con grandi lenzuola palpitanti: vi si vendevano giocattoli e frutta secche e dolciumi, gridati a squarciagola… i gelataj coi loro carretti a mano parati di lampioncini variopinti e di bicchieri: – Lo scialacuore! lo scialacuore!…
Deposto in mezzo alla navata centrale s’ergeva il fèrcolo enorme, massiccio, ferrato, per poter resistere alle scosse della disordinata bestiale processione…
La Commissione dei festajoli riceveva dai divoti l’adempimento delle promesse: tabelle votive, in cui era rappresentato rozzamente il miracolo ottenuto nei più disparati e strani accidenti, torce, paramenti d’altare, gambe, braccia, mammelle, piedi e mani…
Le campane in alto sonavano a distesa su quel fermento, e le campane delle altre chiese rispondevano in distanza. A un tratto, tutta la folla si commosse, si sospinse premuta da mille forze contrarie, non badando agli urti, alle ammaccature, alla soffocazione, pur di vedere.
– Eccolo! Eccolo! Spunta!
Le donne singhiozzavano, molti imprecavano inferociti, divincolandosi rabbiosamente; tutti vociavano in preda al delirio. E le campane rintoccavano, come impazzite dagli urli della folla. Il fèrcolo irruppe a un tratto, violentemente, dal portone e s’arrestò di botto là, davanti alla chiesa.
– Largo! Largo! – si gridò da ogni parte, poco dopo. – La via al Santo! La via al Santo! La via al Santo!…
Cento teste sanguigne, scarmigliate, da energumeni, si cacciarono tra le stanghe della macchina, avanti e dietro. Era un groviglio di nerborute braccia, nude, paonazze, tra camìce strappate, facce grondanti, sudore a rivi, tra mugolii e aneliti angosciosi, spalle schiacciate sotto la stanga ferrata, mani nodose, ferocemente aggrappate al legno. E ciascuno di quei furibondi, sotto l’immane carico, invaso dalla pazzia di soffrire quanto più gli fosse possibile per amore del Santo, tirava a sè la bara, e così le forze si escludevano, e il Santo andava com’ebbro tra la folla che spingeva urlando selvaggiamente.
A ogni breve tappa, dopo una corsa, dai balconi, dalle finestre gremite, alcune femmine buttavano per divozione sul fèrcolo e su la folla, da canestri, da ceste, fette di pan nero, spugnoso.”
La festa di San Calogero (dal greco bel vecchio), dell’eremita nero, per alcuni venuto nel quarto secolo d.c. dalla Bitinia, per altri da Costantinopoli, è legata da sempre alla Sagra del grano, che cade nel fatidico mese di luglio e costituisce una sorta di ricorrenza panica, a celebrare e propiziare l’abbondanza.
Da qui le offerte al Santo di sacchi di grano su mule parate, o di pane, anche in arti, per i miracoli ottenuti o semplicemente per atto di devozione, allo scopo d’ingraziarsi il Santo.
Sono almeno otto giorni di festa (dalla prima alla seconda domenica di luglio) sentiti intensamente da tutta la popolazione, al limite del religioso e del godereccio. Tuttavia il culto del Santo rimane integro nell’animo agrigentino, come testimonia anche l’uso satirico che si faceva sul giornale popolare LA SCOPA.
QUEL CHE VOLTAIRE S’E’ PERSO
E di questo intreccio tra religiosità, credenza ed esplosione esistenziale, Leonardo Sciascia dà un saggio in un suo articolo intitolato Quel che Voltaire s’è perso, nel quale rievoca il miracolo della Maria Vergine del Monte.
Narra di un nobile Eugenio Gioeni da Castronovo, che andando a caccia in terre d’Africa, si rifugia in una grotta a causa d’un improvviso temporale, rinvenendo ivi la statua di una Madonna col Bambino. Il Gioeni la porta con sé, ma dopo essere sbarcato, è costretto a fare una sosta a Racalmuto per dissetarsi.
“Era un caldo meriggio del mese di maggio: a vedere quella statua coricata sul carro, vivida di colori, soavissima, la gente del paese accorse. Voci di stupore, invocazioni, preghiere: e ne giunse il brusio al Conte Ercole del Carretto, che stava a far la pennichella in una sala del castello. Ne domandò la ragione: e con scherani e paggi accorse anche lui. Folgorato dalla bellezza della statua, ne chiese il prezzo al Gioeni, che quasi se ne offese. Il conte offrì tanto oro quanto la statua pesava: e ancor più il Gioeni se ne sdegnò. Ordinò ai suoi di riaggiogare i buoi e di riprendere il cammino verso Castronovo: ma le ruote del carro, per quanti sforzi facessero i buoi pungolati a sangue e i famigli, non si mossero.. Credette il Gioeni i racalmutesi avessero artatamente immobilizzato il carro, diede di piglio alla spada, il del Carretto alla sua: ma mentre già le incrociavano la folla con tale impeto gridò al miracolo che le spade si abbassarono e i due signori, commossi, decisero con l’abbracciarsi. La Madonna aveva deciso di restare a Racalmuto, ospite di Santa Lucia – almeno provvisoriamente – e a dividere il patronato sul paese con santa Rosalia. Più tardi, le si riedificò una più vasta e ricca chiesa e, benchè come titolo ufficiale le restasse quello di compatrona, dimenticata fu santa Rosalia. E non solo le si dedicò, per tre giorni dell’ultima settimana di maggio, una rutilante, fragorosa, insonne festa.”
Ma la chiesa, che aveva faticato a costruire tale leggenda, la smontava poi ad opera di un ecclesiastico, padre Bonaventura Caruselli, autore di un libretto intitolato Maria Vergine del Monte in Racalmuto.
La quale leggenda per Sciascia era invero facilmente smontabile, considerata l’origine gaginiana della statua. La vicenda, avverte Sciascia, avrebbe interessato per la sua contraddittorietà Voltaire. Ma come per altri santi – conclude – che non ci sia la leggenda o miracolo, non nuoce per nulla alla festa: che c’è ancora. Voltaire avrebbe fatto un sorrisino sotto i baffi, per questo smacco al potere eclesiastico. E in effetti, la festa di santa Maria del Monte, festa omologa a quella di san Calogero, si svolge nello stesso periodo di luglio e celebra anche la Sagra del grano.
Meraviglioso il post di cui il tuo racconto mi ha preso l’intera attenzione.
Ricordo, anni fa, proprio in Sicilia, in una città di cui dimentico il nome, la processione di Pasqua e l’incontro fra Gesù e la Madonna: era il fiorito mese di aprile, con ginestre, oleandri, ibiscus, foglie di palme e gente elegantemente imbellettata.
Il fervore dei partecipanti era da ammirare, sembrava che i Divini fossero davvero quelle statue che camminavano e correvano per la città.
Buona domenica.
Rino, nei ricordi dimenticati.
Una festa di grandi tradizioni che ha mosso e commosso la gente, aspettata da tutti gli agrigentini. Molto è cambiato, ma lo spirito popolare è sempre quello.
Teresa
Ha ragione Teresa, questa festa gli agrigentini l’hanno nel dna. Noi compriamo sempre il pane di San Calò, il pane con il sesamo dolce. Una volta era come dice Pirandello nero e spugnoso. Grazie per la tua segnalazione delle tabelle votive che si trovano in sacrestia. Una volta stavano appese lungo le navate. Tornerò a vederle. In bocca al lupo con il tuo “ricco blog”.
Enzo
Della religiosità popolare Pirandello e Sciascia scandagliavano l’animo umano, con i loro chiaroscuri.
Frate Amelio
Grazie tante del tuo contributo con una personale rievocazione, Rino. Le feste religiose in Sicilia sono molto sentite e partecipate. Bisognerebbe approfondire, sicuramente ci sono tanti argomenti interessanti da ricavarne. Buon inizio settimana, Rino
Grazie, Teresa. Le feste si evolvono, ma il sostrato della tradizione resta e “parla”.
Mi fa piacere, Enzo, che tu abbia apprezzato. Ci sono tradizioni che vanno ricordate o rinverdite.
Grazie, Frate Amelio. Pirandello e Sciascia erano due maestri sotto tutti gli aspetti.
Parli di un mondo a me lontano, e forse per questo ancora piu’ affascinante. E lo fai con competenza, non senza un tocco di grazia.
Piu’ che apprezzato: spero che tu prosegua con altri post! 🙂
molto bello il tuo racconto 🙂
Sempe interessanti e di gran cultura i tuoi post, solo che sono di fretta e non posso sempre leggere tutto , sono sincera!!!! Comunque ti ringrazio per il bel commento anche da parte della
Complimeti, Ubaldo, il tuo racconto è un gioiellino vivace e ricco di accenni al trambusto popolare, a quell’accomodamento che si cerca, in casi in cui la volontà del popolo e la devozione, sono motivo di scontro “giustificato” da un contesto, attraverso cui ci accompagni.
Ho apprezzato quella sorta di forte sentire la festa collettiva devozionale.
Complimenti per le foto di ex voto.
Un affettuoso e forte ringraziamento ed un caro saluto.
danis
E’ veramente singolare notare (anche in questo emblematico racconto) come persiste sempre una volontà d’ingabbiare il “sacro” nelle maglie della giurisdizione burocratica. Quando, però, si raggiunge lo “stato orrimo”, ossia quando esiste un collegamento diretto con la “fonte” non c’è burocrazia che tenga…
Le tradizioni popolari sono un patrimonio inestimabile della nostra cultura , ovviamente, da non confondere con la fede vera e propria. Sono impressionanti le figurazioni degli ex-voto,per grazia ricevuta. Hai fatto un lavoro di dimensioni titaniche, amo tanto anch’io le tradizioni.
Un caro saluto
Caro, Ubaldo,
La passione che metti nei tuoi post è davvero encomiabile. Detto questo, permettimi di dissentire recisamente su tutta la vicenda umana degli ex-voto e delle tradizioni popolari. Sono assolutamente distante da tutto questo genere di cose. Anzi, per certi versi, le ritengo dannose.
Caro Ubaldo, un post interessantissimo come sempre e come sempre mi accorgo di quante cose non conosco della nostra terra meravigliosa… pensa che solo negli ultimi anni mi è capitato di partecipare al festino di Santa Rosalia, forse perché adesso mi trovo lontana da Palermo, invece prima che potevo prendervi parte quando volevo, non mi passava neanche per la testa…
baci
un misto tra magìa e superstizione, cristianesimo e paganesimo, raccontato con passione e vivacità, sembra di parteciparvi! grazie per queste perle della tua Sicilia.
buonanotte :o)
“Una cosa che non manca in Sicilia è il forte sentimento della festa, come rimedio alla morte e al dolore. Ma anche come sfida alle leggi inesorabili del tempo e del denaro.” Dacia Maraini in Ferdinando Scianna, Sicilia ricordata.
Un grande abbraccio.
Fatima
Rimango sempre incantato nel vedere gli ex voto, io quando vado a Catania torno sempre nel Santuario di Trecastagni dove ci sono i Santi
Alfio, Cirino e Filadelfo con una immensa sala di tutti i miracoli concessi ai devoti.
Buon fine settimana caro Ubaldo in questa estate
calda aspettando le meritate vacanze.
Ciao da Giuseppe.
Il mio blog ufficiale: http://pulvigiu.myblog.it/
Il mio sito: http://www.pulvigiu.net
La pietas popolare, a metà strada fra fede, superstizione e santeria, mi affascina. Parla attraverso le feste, le edicole, i capitelli, preghiere, gli ex voto e gli scongiuri.
Per molti anni ho raccolto vecchi ‘santini’, le immaginette sacre, che sono il risultato di una scelta e di una combinazione: icona e parole.
Sono materiali semiotici ‘potentissimi’.
Mi riprometto di trovare il tempo per studiarli: sarebbe uno dei miei più grandi desideri.
Intanto mi godo i tuoi percorsi e il tuo racconto: grazie, come ogni volta.
Grazie, Soffiodimaggio, proseguiremo, il fascino del blog è immenso. Buona domenica 🙂
Buona domenica, Solare Yzma.
Grazie, Fiore, del tuo passaggio. Un caro saluto.
Grazie, Danis, del tuo commento. Mi colpì moltissimo un libro inchiesta di Camilla Cederna, nel cui reportage vi era un episodio relativo ad Agrigento, episodio che denunciava le condizioni d’indigenza del popolo, che rimaneva passivo, mentre s’era ribellato per l’abolizione della Festa semi-pagana di San Calogero. Da lì il racconto. Un caro saluto.
Giusto, Arom. Condivido il tuo pensiero. Un caro saluto
Sì, Kavafis, le tradizioni popolari e le sue tracce meritano attenzione. Ma quante memorie, quanti documenti si perdono! Grazie, un caro saluto a te.
PierreLouis, è giusto quello che affermi, della necessità di sfrondare le tradizioni dalle superstizioni, ma non si possono ignorare fatti avvenuti e vissuti, che sono storia. Riportarli alla luce serve a chiarirli, dandone la possibilità di comprenderli e di separare il grano dal loglio. Un saluto.
Ti ringrazio, Maria. Sono tanti, tantissimi i fatti della nostra Isola che ignoriamo totalmente o parzialmente. Ma non si può conoscere tutto. Noi siamo ruote di questo ingranaggio. Baci
Grazie, Fioredautunno. In effetti a chi è lontano da certe realtà, fatti ed immagini danno la sensazione di partecipare. Buona domenica.
Ti ringrazio, Fatima. La tua citazione mi torna davvero utile. Un grande abbraccio.
La tua testimonianza è importante, Pulvigiu. Grazie, una buona giornata.
Come sono ricche le città, i paesi, Zena, di memorie, di tradizioni, di leggende. Affascinano tutti, perchè ritroviamo attraverso i simboli una parte di noi, dell’immaginario collettivo rimosso. Grazie, Zena, della tua visita e del tuo contributo. Buona domenica.
Sono arrivato di recente a questo blog che trasuda cultura e tradizioni di una Sicilia alle quali rimarrò legato per motivi sentimentali.
Non posso che fare i miei complimenti, Ubaldo, e grazie per l’opportunità che avrò di leggere quanto hai scritto finora.
Ciao
Salvatore
Benvenuto, Salvatore, la tua presenza sarà sempre gradita, sarà sempre un grande onore per me l’ospitarti. Grazie e buona domenica.
Grazie del tuo commento sei sempre molto gentile. Grazie anche x aver votato la foto sfida!
Meriti tutti i bei commenti. Sei uomo di radici e ricerca. Sai ‘conservare’, ed oggi è una qualita’. Grande Ubaldo.
ma cosa posso aggiungere, qui sotto? sei un’anima bella, e non è la cultura ad illuminarla.
posso solo dire grazie, grazie per ragalarci i tuoi semi…
con stima ed affetto
simy
Ottimo post e racconto stupendo!
Grazie di queste tue perle belle e preziose.
Un caro saluto di stima e simpatia.
Gero
P.S. ” E viva Diu e San Calò”
Caro Ubaldo,
ero sicuro che tra il mio dire e il tuo intendere non vi fossero “fratture” di alcuna sorta. Non è mia intenzione tacere sui fatti e le vicende che hanno caratterizzato la nostra storia. Interessante è invece quello che scriveva camila Cederna a tal proposito…
A TUTTI
Senza connessione veloce incontro notevoli difficoltà a entrare nei blog, anche per un semplice saluto. Perdonatemi. A presto.
Sì, Tullia, “conservare”, da cum-servare, salvare con. Bisogna conservare la qualità, per svilupparne di nuova. Un abbraccio.
Grazie sempre dei tuoi gentili pensieri, Fiore. Una buona serata.
Grazie, Simy. Siamo tutti portatori di luce, siamo anime. Dobbiamo spenderci per far emergere la luce. Con altrettanta stima ed affetto.
Grazie, Gero. In bocca al lupo, sempre. Un caro saluto. ” E viva Diu e San Calò”
PierreLouis, le tue posizioni sono sempre motivate e rispettabilissime. Le tue idee, tuttavia, in gran parte collimano con le mie. Un caro saluto.
“Questo popolo mi onora con le labbra
ma il suo cuore è lontano da me.
Invano essi mi rendono culto,
insegnando dottrine che sono precetti di uomini” (Matteo 15, 8-9).
Mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire: “Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato nessun segno fuorchè il segno di Giona. Poiché come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione. La regina del sud sorgerà nel giudizio insieme con gli uomini di questa generazione e li condannerà; perché essa venne dalle estremità della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, ben più di Salomone c’è qui. Quelli di Nìnive sorgeranno nel giudizio insieme con questa generazione e la condanneranno; perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, ben più di Giona c’è qui (Luca 11, 29-32).
N.B.: Meglio riportare parte degli scritti che gli uomini hanno stravolto per farne nuovamente superstizione … che scrivere qualcosa di mio, mentre mi accorgo che non ho potuto farne a meno in quest ultime parole.
Credo che l’unica alternativa a questo imperare mediatico (parliamo anche contro di noi) è il riscoprire queste nostre reali radici, Ubaldo quello che fai tu sono dei lavori ca Certosino…te lo giuro!
E poi ci mettiamo le bande musicali!
Con vero ossequio,ciAO!:)
ciao, Ubaldo, buon week end 🙂
Grazie! Crepi il lupo!
Ricambio i tuoi saluti con stima e simpatia.
Gero
Angeloanonimo, tanto tempo fa lessi l’interpretazione del Vangelo da parte di un uomo di chiesa, di grande competenza, religiosità e cultura. Ricordo che mi colpì per la sua concretezza. Le manifestazioni del culto religioso da parte del popolo, per quante contaminazioni possano contenere, sono in ultima analisi una espressione sentita e da valutare con molta cautela, prima di bollarle.
Sì, Kavafis, bisogna avere costanza, perseveranza. La vita del blogger non è semplice, costa anche molti sacrifici. Grazie del tuo passaggio. Un abbraccio e buon lavoro.
Grazie, Fiore, i girasoli mi sono sempre piaciuti. Buon week end.
Ricambio di cuore, Solare Yzma, verrò a trovarti. B.WE.
Gero, mi aspetto buone nuove da te, presto.Una buona domenica e un abbraccio.
Caro Ubaldo, spero che stia già tutto a posto, poi mi piace leggerti.
Un saluto.Fatima
Oggi nel mio blog si festeggia il compleanno dell’amico Pulvigiu !!!
Gabry
Innanzitutto ti ringrazio per la TUA risposta, ma soprattutto nel non avermi ignorato e di conseguenza “bollato”, come fanno altri pensando che io sia poco concreto e poco competente per il “nocciolo” dell’argomento.
La mia esposizione è molto concreta ma non mi comprendono quando cerco di spiegarla in modo diverso, intrinseco e nascosto che racchiude allo stesso modo una Verità più alla portata di mano.
Verità che deve essere sempre rispettata essendo fondamentale ed estrema, sicuramente rivoluzionaria, ma mai terroristica.
Io non giudico chi muore per salvare una statua, che si giudica e si condanna da se, se poi non rispetta il Vero Tempio di Dio, nel corpo e nell’Anima, che serve a racchiude l’Unico Spirito che deve diventare SANTO.
Io voglio solo provocare lo Spirito essendo lo Spirito stesso immortale, anche se è vero che potrebbe danneggiare il corpo … portandolo anche al suicidio.
Ma questo argomento è molto delicato perché ha varie facce, in Gesù e Giuda, non spiegando quel senso di vincere la Morte, la Sofferenza e il Dolore senza procurarselo, ma vincerlo anche con il conforto di chi, in quel momento, cede un po’ del proprio Spirito.
I Santi e i Morti sono tutti qui, adesso tra noi! Come Dio stesso soffre per il creato anche noi soffriamo insieme a Lui in quella partecipazione che assomiglia ad un vero Parto continuo fino alla beatitudine nelle braccia di chi ci ha partorito.
Per quando riguarda il dopo, ci sono livelli, talenti e cose che non si possono spiegare in un colpo solo, tenuto conto della mia deficienza nel portare in iscritto quello che io vivo continuamente.
Lo Spirito deve però aver a che fare sempre con la Verità perché non si spiega altrimenti quel chiedere di entrare nei porci per poi suicidarsi, buttandosi nel mare ( vedi liberazione dello spirito garaseno o garadeno).
Non è forse vero che chi s’innalza dovrà essere abbassato e chi si abbassa deve essere innalzato?
Ora ad ognuno il proprio compito!
Io chiedo confronto, provocazioni e quant’altro che serve a dar senso a questo mondo, per innalzare il mio Spirito.
Se poi contribuisco ad accrescere lo Spirito del mio interlocutore … ben venga, essendo lo stesso Mio Spirito.
Anche se io sciupo parole mentre c’è chi lancia vere saette per abbassare la mia cultura o persona senza scalfirne per nulla il mio Spirito, questo fa sì che io riceva il mio salario da semplice servo inutile.
Il Verbo che adempiva a queste Verità, tralasciando se si parla della Vera Vista, del Vero Udito, del vero Risorgere e così via, spesso ci diceva anche di non rivelarle a chi non potrebbe mai comprendere, essendo non destinatario … per adesso.
Questo è il risultato!
E’ un risultato concreto?
Io posso solo bollarlo come bollo chi sa inchinarsi solo davanti al tabernacolo, alle statue fino a manifestare atti di sofferenza procurata, quando il Verbo ha detto tutt’altro, fin dagli inizi, per mezzo dei profeti.
Io dico solo che baciare la mano a chi non ci ha aiutato o che bisogna baciarla per non cadere veramente in un brutto giorno è ben cosa diversa che non temere di essere tagliata la testa solo per aver detto la Verità, prima su se stessi e poi su chi bisognerebbe prendere come vero atto caritatevole, come fece il Verbo verso i Farisei fino a convertire alcuni di loro, essendo propensi a quella Buona Volontà che spesso non teme di andare oltre Dio, se è vero che non si è rivelato abbastanza … lasciandoci ancora nel dubbio se è malvagio o misericordioso.
Quel sentire il compiacimento di Dio che ti invita a continuare … nel bene e anche nel male se ne hai ancora la forza.
Chi accresce la nostra forza? Satana? Dio? … sta a noi capire la convenienza, immediata e non falsa o a rendere chissà in un ricordo di chi cerca di andare avanti solo per fede.
Chi ha i dubbi vuol dire che ha qualche certezza e chi ha fede vuol dire che ha qualche esperienza.
Ma non si possono tramandare se non a parole. Con i fatti si è più credibili ma quanti pensano a dar e la colpa a Satana o il merito ai Santi per tirarsi fuori?
Meglio Demoni o Santi, freddi o caldi, che rimanere come sassi che non assorbono acqua.
Per quanto riguarda la competenza o la cultura, mi basta vedere e sentire come si scontrano gli illustri sapienti, riconosciuti nella Chiesa stessa come “teologi” cercando di far valere con la forza della parola quello che dei miseri, ignoranti e poveri in Spirito ricevano in abbondanza nella propria opera.
Ma come al solito ho esagerato forse per allontanare quel merito che io non cerco ma che voglio che tutti acquisiscano per gioire insieme.
Comunque rendo grazie per lo Stimolo che hai prodotto in me.
E’ merito tuo perché io sono solo il risultato di quello che sono e che ritengo migliore di quello di ieri, perché sento la presenza di Dio, OGGI, soprattutto in te.
Quell’ex voto a forma di mano e braccio, mi intenerisce moltissimo!
Non preoccuparti per i ringraziamenti.
d.
passavo per un saluto :o)
Sono tornata a leggere i tuoi favolosi post, ma tornerò con più calma a leggere anche gli arretrati… Un abbraccio e grazie per essermi venuto a trovare, Giulia
@ A TUTTI
Rientro dopo un’assenza forzata per via della connessione. Vi ringrazio per l’assiduità e la presenza.
Grazie dell’avviso, gentile Gabry. Ti ho lasciato un messaggio. Un caro saluto.
Ubaldo
Grazie sempre, Fatima, sempre gentile e sensibile. Anche a me piace leggere il tuo mondo e vedere le tue immagini. Un abbraccio
Ubaldo
AngeloAnonimo,
siamo tutte anime e cerchiamo l’altro negli altri. Guai a sentirci isole complete, monadi senza finestre. Siamo in rete per questo.
Grazie, Danis. La fede della gente è commovente, viene dal cuore. Il mio piccolo brano tendeva a questo. Un caro saluto.
Un saluto a te, Fioredautunno.
Grazie, Giulia della tua visita. Sei ritornata dal bellissimo viaggio in Brasile. A presto, per ora un abbraccio.
ciao e grazie del commento, argomento molto sentito direi…
grazie!
Sì, argomento molto sentito, quello della protezione degli animali e del loro crudele abbandono. Ciao, Fiore.
Una precisazione personale:
Io cerco me negli altri, … e li trovo ed eccome!
Ma vorrei tanto trova chi vede me in Lui!
Forse cerco gli altri … che mi appartengono?
Ma ormai so che il cammino si restringe ed è più facile ritornare indietro, per trovare tanti … me!
Sono presuntuoso?
Invece mi sento umile nella Verità e non riuscirei a discostarmi dalla Verità che sento in me.
Forse è differente dalla Tua, ma è Mia e il non trovarla tutta negli altri mi consola e mi affligge a seconda dei casi.
Punti di vista, spero paralleli e non divergenti.
Nel mio blog c’è un premio che ti aspetta!!! anzi due….
spero ti siano graditi 🙂
un caro saluto
il folclore ha un un valore straordinario, è bello che queste tradizioni restino vive..
un saluto di sera 🙂
Punti di vista, AngeloAnonimo, non est disputandum.
Verrò a vedere, Fiore! Ti ringrazio anticipatamente.
Le tradizioni sono il sale della vita del popolo, delle sue credenze e di ciò che si sente, Raffaella.
Di sera splende la luna, Solare, perchè tu, che sei sole, la illumini.
Sono qui come se leggessi un magnifico libro che mi regala cultura ed emozioni, un abbraccio. Giulia