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agrigento, amari, arabi, arte e cultura, libro, lions, lucchesiana, turismo, vescovi
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AGRIGENTO DA AMARE
AGRIGENTO DA SALVARE
C’ERA UNA VOLTA IL CENTRO STORICO
700.000 visitatori all’anno vengono a vedere la mitica Valle Dei Templi: soltanto una sparuta minoranza si spinge in alto alla ricerca dei monumenti del Centro Storico e per godersi il bel panorama che abbraccia la valle, il mare africano, la Casa Natale di Pirandello, il Porto di Empedocle, la baia azzurrissima che va da Punta Bianca, a est, fino a Punta Grande, ad ovest. E’ un bel colpo d’occhio con tramonti infuocati e iridescenze uniche, che lasciano a bocca aperta anche chi queste vedute le ha ammirate un’infinità di volte. Se poi le condizioni di luce sono favorevolissime non è raro vedere le ombreggiature dei monti di Malta, verso Oriente, e di Pantelleria, verso Occidente. Più in alto si sale, più si possono gustare le amenità dei luoghi, il mare che occhieggia tra le case, la valle verde di mandorli e uliveti. Il passo del visitatore, tra strade e stradine, verso l’alto indugia o diventa alacre, a seconda dei casi, perché non è turbato da presenze invasive. Così all’improvviso si offre alla vista una bella edicola o si scopre un lirismo di bifore o una fuga di balconi, che possono ammirarsi in strade e piazzette completamente deserte. Fu negli anni sessanta – negli anni del miracolo economico – che gli agrigentini lasciarono il centro storico: fu un esodo massiccio, un abbandono senza precedenti, che decretò una situazione di coma irreversibile. Soltanto da poco, gli extracomunitari e qualche coraggioso stanno invertendo questa tendenza. Qualcuno sta ricostruendo, ma le case abbandonate, le porte sventrate, i muri cadenti sono ancora tanti. Tanti però sono anche i monumenti e gli angoli da visitare, d’imprescindibile bellezza. Sono numerose e notevoli le Chiese del Centro storico, le trenta chiese di cui parla Luigi Pirandello. Due spiccano tra tutte: la Cattedrale e Santa Maria dei Greci. Quest’ultima è una basilica d’impronta bizantina a tre navate, che si fa risalire al XII secolo, edificata sui resti di un grande tempio greco, dorico periptero dell’età del tiranno Terone, ritenuto il tempio di Athena (480-460 a.C).
La Cattedrale, invece, è incastonata in una zona monumentale di tutto rispetto: il Duomo, il Palazzo Vescovile, il Palazzo del Seminario, la Biblioteca Lucchesiana, la Chiesa di Sant’Alfonso, la Chiesa dell’Itria, il Palazzo Lo Vetere. Nella Cattedrale si possono ammirare, all’esterno e all’interno, espressioni artistiche diverse: araba, normanna, barocca, rinascimentale.
In una recente visita del Lions Club Agrigento Host in arcivescovado, Mons. Francesco Montenegro, un Presule umanissimo – vescovo di tutti – ha riaffermato in maniera forte la necessità della rivitalizzazione del Centro Storico di Agrigento.
Don Franco, come preferisce sentirsi chiamare l’Arcivescovo, che è anche Presidente della Conferenza Episcopale per il servizio della carità e la salute, ha le idee chiare: aiutare i poveri, eliminare le distanze e la solitudine della gente, dare una speranza concreta di futuro, creare l’integrazione con gli extracomunitari. Egli ha felicemente intuito che rivitalizzare il Centro Storico significa ricostituire una comunità, dispersa in mille brandelli, che nulla sembra avere di una città.
LA BIBLIOTECA LUCCHESIANA
“L’illustrissimo e reverendissimo signor Conte d. Andrea Lucchesi Palli, dei Principi di Campofranco, per grazia di Dio e della Sede Apostolica, vescovo di questa Chiesa Agrigentina, considerando nel suo animo quanto è virtuoso e lodevole, per Dio e per la sua anima e per la remissione dei peccati, provvedere alla pubblica utilità erigendo una biblioteca che venga aperta a tutti, allo scopo che gli studi delle scienze umane e di ogni tipo di sapere sempre più siano coltivati – e da essi, infatti, promanino innumerevoli benefici alla Chiesa e allo Stato – da moltissimi anni, non badando né a fatiche né a spese, ha raccolto una biblioteca veramente insigne per l’abbondanza e la scelta dei libri. Innalzato poi, per divina Provvidenza, a questa cattedra episcopale di Agrigento… accrescendo di nuove fabbriche costruite dalle fondamenta, rese amplissimo il palazzo vescovile e vi aggiunse anche una sala assai grande, molto adatta alla conservazione dei libri e l’edificio per l’abitazione del bibliotecario o custode, per arricchire questa città episcopale di un nuovo beneficio, a maggior gloria di Dio.”
Con questo atto di donazione, nel 1765, nacque la Biblioteca Lucchesiana, faro di cultura del Centro Storico di Agrigento, oggi ricca di oltre 57.000 libri, che prende il nome dal suo benefattore, Andrea Lucchesi Palli.
Originario di Messina, dov’era nato nel 1692 e aveva conseguito la laurea in teologia nel 1715, egli fu ordinato sacerdote a Mazara nell’anno successivo. Canonico della Cattedrale di Palermo e più tardi vicario dell’arcivescovo, fece ben presto parte dell’Accademia del Buon Gusto, che aveva lo scopo di dare lustro alla storia di Sicilia e alle “politae litterae”. Lucchesi Palli fu anche dottore in filosofia. Su proposta di Carlo III fu nominato nell’aprile del 1755 vescovo di Agrigento e, complessivamente, i suoi furono 13 anni di vescovato, essendo venuto a morte nel 1768.
La biblioteca è ricca di opere pregevoli in ogni campo dello scibile e contiene, tra gli altri, 180 manoscritti, 32 preziosi codici arabi, incunaboli, cinquecentine e numerose edizioni rare e di pregio, abbracciando tutta la cultura sacra e profana.
Sull’importanza della biblioteca valgano le parole di Michele Amari (Palermo 1806 – Firenze 1889), Ministro della Pubblica Istruzione dal 1862 al 1864, docente presso l’Istituto di Studi Superiore di Firenze, grandissimo arabista, più che famoso per due opere fondamentali di storia, La guerra del Vespro siciliano (1842) e Storia dei musulmani in Sicilia (3 voll. 1854-72).
“… considerava l’importanza dei codici della Lucchesiana. L’un dei quali è pregevole opera filosofica e la più parte sono antichi e buoni trattati di giurisprudenza musulmana, secondo la scuola di Malek; e molti, anco antichi e belli esemplari, provenienti dalla Spagna e in ultimo dall’Affrica settentrionale”
L’Amari fece un abbozzo di catalogo che mise in circolazione ad uso degli Orientalisti. Nel febbraio 1878 il Ministero della Pubblica Istruzione chiese in prestito per il Congresso degli Orientalisti, da tenere a settembre, quattro codici arabi, già catalogati dall’Amari:
I) Ibn-el-Kulija, Kitâb-el-Af’âl (anno 1139); VI) En Nuccâsc, Scefâ-es-Sodûr (anno 1324); VII) Anonimo (Ibn-Atiia?), El- Kitâb-el-WagÎz (anno 1301); VIII) Abu Mohammed-Mekki, Mosckil (anno 1167). I codici ritornarono all’allora Girgenti soltanto nel 1879, per i buoni uffici dello zio di Pirandello, Rocco Ricci Gramitto, viceprefetto a Roma.
Vicissitudini e furti
Del patrimonio librario della Lucchesiana si è parlato più volte, ma il dato esatto del fondo originario non è stato mai dato per certo, segno che l’incuria deve aver favorito trafugamenti e distruzioni. Il bibliotecario don Vincenzo Ravanà nel 1948 riportava, per i più pregiati, la presenza di 250 manoscritti, 65 incunaboli, 2.500 cinquecentine, 3.000 legature di pregio.
Andrea Lucchesi Palli aveva donato anche un ricchissimo, inestimabile medagliere, che il viaggiatore Joseph Hermann von Riedesel, barone di Eisenbach così descrive:
“Il vescovo della famiglia Lucchesi possiede una bella raccolta di monete greche e romane che raggiungono il numero di 1200. La serie degli imperatori romani è perfetta; le monete consolari sono di bronzo; quelle di tutte le città sono di argento; molte puniche di oro. La la cosa più rara del suo museo sono quattro patere di oro della grandezza di una sottocoppa da caffè: due di esse sono contornate con figure di buoi ornamentali in intaglio o a sbalzo, così che si rilevano dal di fuori, lavorate il stile egizio. Sono state trovate in una tomba antica e sembra siano state adoperate per il culto del dio Api”
Pare che le patere fossero derivate originariamente da Sant’Angelo Muxaro, nell’entroterra agrigentino, dove si pensa fosse ubicata la città di Camico, su cui regnava il leggendario re Cocalo, le cui figlie strangolarono Minosse, venuto da Creta per vendicarsi di Dedalo. Le patere ora si trovano al British Museum e non si sa come vi siano arrivate.
Il medagliere lucchesiano fu saccheggiato una prima volta nel 1821 da un certo Calogero Lacagnina, un laico liguorino, poi arrestato e condannato, senza che però si riuscì a conoscere alcunchè della refurtiva.
Pezzi pregiati ed altri preziosi monili furono, via via, sottratti da mani avide, allorquando la biblioteca cadde nelle mani della municipalità, che aveva approfittato della situazione per affermare che il vescovo l’aveva voluto donare alla pubblica istituzione. Uno storico locale parla di monili che adornarono le mogli dei politici locali a spasso per la città.
Il patrimonio librario, ancora abbisognevole di cure, è almeno il cinquanta per cento, avendo subito a più riprese l’attacco di agenti atmosferici e delle termiti, che avevano distrutto anche le scaffalature e gli intagli preziosi della Sala Lignea, peraltro colpita gravemente nel 1963 dal crollo del soffitto. La ricostruzione fu complessa e durò molti anni.
Ormai la struttura è stata completamente restaurata, anche se resta tanto da fare per salvare libri d’inestimabile valore, la cui bellezza e importanza vengono illustrate in visite guidate per studiosi e scolaresche, come è avvenuto di recente, in occasione della dissertazione da parte dell’attuale Direttore, Padre Giovanni Scordino, a beneficio dei soci del Lions Club Agrigento Host, tenuta su “Mons. Lucchesi Palli e Mons. De Gregorio”.
Quest’ultimo, oltre ad aver dedicato tutto il suo impegno di studioso e di direttore, due anni fa ha donato mortis causa alla biblioteca un fondo librario cospicuo, vera miniera per gli storici di Agrigento, della Sicilia, della Chiesa. Non a caso è stato tracciato un parallelismo con il grande benefattore, che spese gran parte della sua fortuna per aiutare e soccorrere i poveri e i diseredati, durante le carestie e le pestilenze.
Di prossima pubblicazione la II Parte con i seguenti titoli:
LA BIBLIOTECA E PIRANDELLO
BORGES, SCIASCIA E I LIBRI
BUFALINO ALLA LUCCHESIANA