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Amici di Pirandello, Sciascia, Empedocle

~ "La vita o si vive o si scrive" (Luigi Pirandello) – "Regnando Amicizia ogni cosa va ad unirsi" (Empedocle) – "Non si capisce un sogno se non quando si ama un essere umano" (Leonardo Sciascia)

Amici di Pirandello, Sciascia, Empedocle

Archivi Mensili: aprile 2009

27 lunedì Apr 2009

Posted by ubaldoriccobono in Senza categoria

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borges, cultura, gaetano savatteri, letteratura - articoli, racalmuto, regalpetra, sciascia, spagna, università

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«AVEVO LA SPAGNA NEL CUORE»

 Sciascia e la moglie a Siviglia

“Avevo la Spagna nel cuore. Quei nomi – Bilbao Malaga Valencia e poi Madrid, Madrid assediata – erano amore, ancor oggi li pronuncio come fiorissero in un ricordo di amore. E Lorca fucilato. E Hemingway che si trovava a Madrid. E gli italiani che nel nome di Garibaldi combattevano dalla parte di quelli che chiamavano rossi. E a pensare che c’erano contadini e artigiani del mio paese, d’ogni parte d’Italia, che andavano a morire per il fascismo, mi sentivo pieno d’odio. Ci andavano per fame. Li conoscevo. Non c’era lavoro, e il duce offriva loro il lavoro della guerra. Erano carichi di figli, disperati; se andava bene, la moglie avrebbe fatto trovar loro, al ritorno tre o quattromila lire messe da parte; e il duce li avrebbe certo compensati con un posticino di bidello o di usciere. Ma per due o tre del mio paese la cosa andò male, in Spagna ci restarono, morirono in Spagna di piombo per non morire di fame in Italia” (Leonardo Sciascia, Le parrocchie di Regalpetra)

 LUA Auser

Rosalia Centinaro SavatteriQuesto brano è un atto d’amore di Leonardo Sciascia nei confronti di una nazione, la Spagna, “amata sui libri” attraverso i suoi poeti e scrittori, prima di conoscerla. Così come è stato un atto d’amore nei confronti dello scrittore, nel ventennale della sua morte, la conferenza “Avevo la Spagna nel cuore”, che la professoressa Rosalia Centinaro Savatteri ha voluto tenere presso l’Università della Terza età di Agrigento, per tributare il giusto ricordo a un amico di famiglia.

Ci sono vite di famiglie già scritte. Non si sa se sia effettivamente così per tutti i casi, ma la  famiglia Savatteri-Centinaro sembra avere avuto assegnato in sorte  – in buonissima sorte – il culto di Leonardo Sciascia. L’amicizia della famiglia Savatteri con la famiglia Sciascia, vecchissima, viene a rinsaldarsi ulteriormente tra il padre dello scrittore e il nonno di  Calogero Savatteri, direttore di banca. I Savatteri d’estate abitano in Contrada Noce di Racalmuto, per sottrarsi all’afa e alle esalazioni della miniera che arrivavano in paese spinte dal vento. Anche Calogero Savatteri comprerà terra in Contrada Noce per costruirvi una casa, molto vicina a quella dello scrittore e a quella degli zii. La devozione e la solerzia, quasi proverbiali di Calogero Savatteri nei suoi confronti, avevano mosso Leonardo Sciascia a far da testimone al  matrimonio del suo affezionato amico con Rosalia Centinaro  docente di lettere (italiano, latino e nei licei), progetto poi impedito per un viaggio di Sciascia per ritirare un premio. Ma l’amicizia per lo scrittore con il passare del tempo si è accresciuta, fino a diventare autentico culto: entrambi i figli dei Savatteri hanno voluto discutere la loro tesi di laurea su Sciascia: Matilde, funzionario in un Istituto di Credito, si è laureata in lettere classiche con la tesi “I saggi di Leonardo Sciascia” ed Edoardo, professore di filosofia, pianista, ha dissertato su “Influssi storico-filosofici del ‘900 spagnolo nel pensiero di Leonardo Sciascia”,

Appare scontato affermare che la madre ha fatto di Sciascia, durante la sua ultratrentennale esperienza di docente, il percorso privilegiato del suo magistero didattico, continuando, dopo aver concluso la sua carriera, a professare il suo amore “religioso” per il maestro di Regalpetra con discussioni, dibattiti e conferenze.

“A venti anni dalla sua morte mi sembrava doveroso offrire un mio piccolo ricordo all’amico, all’uomo, al grande scrittore” ha premesso con il candore che la contraddistingue, prima dell’intervista.

Rosalia Centinaro Savatteri

 

L’INTERVISTA

 Rosalia Centinaro Savatteri

Perché l’argomento della Spagna?

“E’ fondamentale nella poetica di Sciascia e mostra ampiamente il suo spessore europeo, quantunque le sue opere trovino addentellati evidentissimi nella cultura francese (Montaigne,  Voltaire, Diderot, Courier, Stendhal ecc.), in quella americana, inglese, tedesca…e via dicendo.  Però, il rapporto con la Spagna assume aspetti assai peculiari e privilegiati”

L’Inquisizione come materia comune?

“Non solo. Italo Calvino scriveva a Sciascia, precisando che se avesse tenuto sempre vivo questo rapporto Spagna-Sicilia, l’ispano-siculo gli avrebbe dato l’universalità. In Morte dell’inquisitore Sciascia, attraverso la storia dell’”eretico” racalmutese Fra Diego La Matina, traccia una storia d’inquisizione che potrebbe essere collocata spazio-temporalmente in qualsiasi luogo della Spagna. E ne possiamo ricavare, già da questo, che la Sicilia è la Spagna e la Spagna è la Sicilia. Ma su questa falsariga c’è da dire che l’intera opera di Sciascia è una inquisizione continua, perché l’inquisizione (“l’eterna inquisizione”) è lo strumento principe che offre alla Ragione il modo di rivelare la verità e le imposture: Sciascia possiamo dire che è un inquisitore per antonomasia, che cava dalla realtà la verità. Che poi essa venga sconfitta, è discorso diverso, che dipende dalle congiunture. Ma ritornando a Morte dell’inquisitore, facendo successive ricerche sull’argomento anche in Spagna, Sciascia disse che «appena si dà di tocco all’Inquisizione, molti galantuomini si sentono chiamare per nome, cognome e numero di tessera del partito cui sono iscritti», dimostrando che l’inquisizione e l’intolleranza erano tutt’altro che morte.

Quale fu il motivo che spinse Sciascia a parlare nelle Parrocchie e nell’Antimonio della guerra civile spagnola? 

“Non soltanto per la sua vocazione antifascista, maturata nel periodo studentesco all’Istituto Magistrale di Caltanissetta, dove incontrò Brancati, Vittorini, Luigi Cortese, Luigi Monaco, l’editore Salvatore Sciascia.

Sciascia nel capoluogo nisseno s’era avvicinato alla migliore letteratura Europea e americana e, cresciuto nel periodo del ventennio fascista, non poteva non sentire profondamente quella guerra, relativamente alla quale aveva avuto notizie di prima mano che dei racalmutesi erano andati a morire per il fascismo, al solo scopo di mandare a casa la paga che potesse sfamare i familiari. Un dramma umano terribile, contrario ad ogni logica razionale, come fu per molti.”

E dall’altro lato della barricata c’erano i garibaldini e altri volontari che lottavano per la repubblica contro Franco…

“E idealmente anche Leonardo Sciascia. Egli aveva assimilato al meglio la cultura spagnola, attraverso Lorca, Machado, Cervantes, Ortega y Gasset, Miguel de Unamuno, Castro, Azaña e si sentiva spagnolo nel sentimento e nell’essere. Anzi diceva perentoriamente «Se la Spagna, è come qualcuno ha detto, più che una nazione un modo di essere, è un modo di essere anche la Sicilia; e il più vicino che si possa immaginare al modo di essere spagnolo».

E Sciascia, a posteriori, volle fare in Spagna viaggi di conoscenza…

“Appare sorprendente come abbia trovato le assonanze con quanto la sua fantasia gli aveva suggerito nei suoi racconti. Ritrovò i posti dov’erano stati e morti gli italiani. Ma soprattutto Ortega y Gasset era stato decisivo per fargli scrivere ciò che scrisse su quella guerra tremenda nell’Antimonio, prima che avesse contezza fisica dei luoghi. Sciascia definì l’opera di Ortega y Gasset «un gran libro di viaggio, un viaggio straordinario, avventuroso, ricco di imprevisti e rivelazioni  nelle regioni dell’intelligenza»

Racalmuto, fontana e castelloC’è un passaggio di Sciascia assai emblematico di questo legame “prodigioso” Sicilia-Spagna:

"…andare per la Spagna è, per un siciliano, un continuo insorgere della memoria storica, un continuo affiorare di legami, di corrispondenze, di "cristallizazioni". E bastano i nomi: di paesi, di strade. Che sembra sentirli risuonare, nella lontana eco del tempo, dalla voce dei banditori: il vicerè Ossuna, il vicerè duca di Medinaceli, il vicerè duca di Maqueda, il vicerè marchese di Villana… I vicerè, gli avidi e infausi vicerè della Sicilia spagnola, non sono soltanto parte della storia siciliana, ma anche coi loro nomi, con le cose che da loro hanno preso il nome, della nostra. La via Maqueda, la piazza Villena, la via duca d’Ossuna…

“E aggiungeva: «La storia è diventata toponomastica, la toponomastica memoria individuale».

Un legame ritrovato dunque…

“Proprio così: non era qualcosa che cercava, ma qualcosa che aveva dentro, che tutti i siciliani portano dentro, magari senza rendersene conto. Come affermava: «Qualcuno del resto dice che si parte per tornare poichè ogni uomo reca dentro un suo paesaggio interiore, che potremmo chiamare "paesaggio dell’anima”»

La cultura spagnola ebbe, quindi, un suo peso specifico sulla scrittura di Sciascia…

“E sul percorso della Ragione. Prendiamo Manuel Azaña, Presidente della Repubblica spagnola al tempo della guerra civile. Con l’opera teatrale “La veglia a Benicarlò”, egli sottopose a serrata critica le cause e lo svolgimento crudo della guerra civile, nonché la crisi ideologica intestina dei repubblicani, auspicando in nome della ragione la riconciliazione della nazione, alla fine della guerra, secondo il motto “pace, pietà, perdono”.  Una vita la sua dedicata ai valori della giustizia e della ragione, che gli valsero l’esilio e la morte, ma che colpì Sciascia, il quale avrebbe voluto pubblicare l’opera da lui tradotta in italiano, per un progetto che abortì, perché in quel momento avrebbe suscitato più di una polemica.

Ma anche Miguel de Unamuno con la sua opera Del sentimento tragico della vita, imperniata sul contrasto tra fede e Ragione, gli aprì scenari unici per cogliere l’angoscia che attanaglia l’uomo moderno, nonchè l’amarezza e la conflittualità dell’esistenza umana.

Con l’approfondimento delle opere di Américo Castro e di Borges, il cerchio si chiude.

“Castro, erudito e critico di Rio de Janeiro, compì importanti studi sulla lingua, la letteratura, la religiosità e la cultura spagnola, assai fecondi per lo Sciascia lettore, soprattutto con l’opera Il pensiero di Cervantes e Aspetti del vivere ispanico. BJorge Luis Borges L’argentino Borges, maestro dell’ombra e delle finzioni, influì sulla scrittura di Sciascia e sulla cultura del “libro”, sostenendo che i libri convergono verso un unico libro, in una sorta di teologia laica del libro. Potrebbe essere il gran libro della vita, a somiglianza di una Divina Commedia o della Bibbia. Un concetto che fece dire a Sciascia che per poter scrivere bisogna essere sempre in stato di grazia. E in effetti per lui la scrittura fu un divertimento, una gioia.”

E siamo a Cervantes, dulcis in fundo…

“I rimandi a Cervantes sono evidentissimi nell’Onorevole, un’opera teatrale, nella quale la caduta verticale della società e la corruzione appaiono ormai conclamate. Eppure, attraverso il riferimento al sogno idealistico di Don Chisciotte e all’angelismo di Sancho Panza, che voleva governare appunto come un angelo, Sciascia conclude che c’è sempre un margine che si offre alla possibilità della ragione umana, per uscire dal pantano o per trarsi dall’abisso”

18 sabato Apr 2009

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agrigento, archeologia, arte e cultura, buttitta, carbone, consorzio tutistico valle dei te, cultura, eraclea minoa, futurismo, leonardo da vinci, letteratura - articoli, musei, museo archeologico di agrigento, musica, natura, pirandello, pittura, poesia, racalmuto, scala dei turchi, sciascia, sicilia

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LA SETTIMANA DELLA CULTURA

NELLA TERRA DI PIRANDELLO E SCIASCIA

 Settimana della cultura, Agrigento

Tempio della Concordia, Agrigento

Parte in tutta Italia la grande kermesse della Settimana della Cultura, occasione irripetibile per visitare musei, luoghi d’arte a costo zero e non solo, perché molteplici e variegate risultano le offerte culturali, d’intrattenimento, di ogni genere e qualità. Anche Agrigento, e soprattutto la sua mitica Valle, patrimonio dell’Umanità, vuol proporre e proporsi non solo a livello regionale, ma soprattutto al turismo nazionale e internazionale che conta.

E così il Consorzio Turistico della Valle dei Templi dal 18 al 26 aprile vuol fornire stimoli e suggestivi momenti per fare del territorio agrigentino un vero e proprio laboratorio culturale a cielo aperto. Libero accesso dunque a tutti i beni monumentali e archeologici e soprattutto alla incantevole Valle dei Templi che resterà aperta fino a sera, con l’opportunità d’ammirare i santuari greci tutti illuminati e di godersi spettacoli organizzati in situ. Durante il giorno potrà essere visitato l’ineguagliabile patrimonio archeologico e il centro storico della città dei templi, ma potranno essere effettuate interessanti escursioni nell’immediato hinterland agrigentino, ricchissimo di pregiati monumenti, antichità e bellezze naturali.

 

NELLA RACALMUTO DI SCIASCIA

 Leonardo Sciascia

Paese della Ragione è stata denominata Racalmuto, in ossequio al suo più illustre concittadino, Leonardo Sciascia. Appare, quindi, prioritario effettuare una puntatina alla Fondazione “Leonardo Sciascia”, dove è possibile apprezzare una biblioteca ricca di 5.000 volumi (2.000 donati dalla famiglia Sciascia) e una originalissima pinacoteca che raccoglie oltre 200 ritratti di scrittori di culto sciasciano, collezionati in vita dallo scrittore e donati alla Fondazione, da lui costituita con testamento olografo. Inoltre fa parte della dotazione della Fondazione una ricca corrispondenza di Sciascia con i più grandi intellettuali italiani del dopoguerra, articoli di varie testate giornalistiche riguardanti le attività dello scrittore e della Fondazione.

Racalmuto Castello ChiaramontanoDa non perdere la visita al Castello Chiaramontano, interamente restaurato, alla Chiesa Madre con i quadri del Monocolo di Racalmuto, al teatro ottocentesco Regina Margherita, amministrato nell’anteguerra da uno zio di Sciascia, alla Chiesa di San Francesco.





Pro Loco di Castrofilippo (Ag)E per coloro che questa sera si trovano in zona, nella vicina Castrofilippo (ore 18,30 nell’aula di Via Francesco Falcone), organizzata dalla Pro Loco è possibile partecipare alla presentazione del libro di poesie “Pensamenti” – in dialetto racalmutese – di uno sciasciano doc, il racalmutese Piero Carbone, scrittore e saggista, il quale sullo scrittore racalmutese diede ampia e peculiare testimonianza con il libro “Il mio Sciascia”. Il dialetto fu molto amato da Sciascia ed è spesso citato nelle sue opere. In particolare in Occhio di capra lo scrittore esaminò una lunga serie di modi di dire, che costituiscono un interessante spaccato del microcosmo racalmutese, ma anche l’occasione per disquisire su argomenti di carattere universale.

Silloge in dialettoIn questo contesto, l’opera di Carbone assume un’importanza non indifferente relativamente alla lingua siciliana e ai suoi risvolti nei confronti della lingua madre.

E ciò spiega l’intervento di uno specialista della materia, Salvatore Trovato, ordinario presso l’Università di Catania, nonchè dello scrittore e critico, Antonio Patti e del magistrato Francesco Provenzano, che presenteranno l’evento. Estrapoliamo dal libro, cominciando dalla poesia del Castelluccio nella copertina del libro:

 

A lu Castiddruzzu

 

 

Bieddru castieddru miu ca ti scurdaru

n capu na muntagnola abbannunata

d’un circu russu lu suli a lu scurari

ti circunna e mpacci lu paisi po’ taliari.

 

Seculi, dimmi, quantu nn’ a’ sfidatu

cu ssi macigni di rocchi a sustintari,

supirchjarii quantu nn’a’ vidutu

nni ddru paisi ca ti voli scurdari.

 

Sicuru e fermu, livatu ni l’antu,

tu sienti lu vientu hiuhhiari e quarchi

rocca chi ddra ssutta sempri cadi.

 

Ancora, bieddru miu, ca ncapu a’ stari

comu n’aquila cu l’uocchji grifagni

chi accuvacciata ncapu l’ova av’a cuvari.

 

 

 Comu na pampina

 

Comu na pampina

vola e firrìa,

un juornu o l’antru

accussì la vita mia.

 

Piero Carbone e Ignazio ButtittaDiminaglia ( anche Nniminàglia, Miniminàglia o Mantide religiosa) è quasi un piccolo trattatello dialettale su un comunissimo insetto dal collo di giraffa, con due piccoli occhietti fissi in una testina triangolare mobilissima: era la Sibilla che, dimenandosi, dava risposta a tutto, ai nostri dubbi di ragazzi. Una composizione che Carbone recitò alla presenza del celeberrimo poeta in lingua siciliana Ignazio Buttitta, (Bagheria 1899-1997), premio Viareggio 1972, durante lo spettacolo intitolato “Zmaragdos” (arti in coordinamento e ricerche etnografiche) preparato e realizzato con altri studenti nel 1985 al Pensionato S.Saverio di Palermo.

 

da “Diminaglia”

Brava fusti, diminaglia,

nun sgarrasti mai na vota:

si cchjù saggia di ma nannu,

e giacchì m’arrispunnisti

senza dubbi e senza sbagli,

ppi stasira mi vastà,

iu ti pozzu libbirari.

Si quarcunu già t’aspetta,

nun lu fari cchjù aspittari.

 

Nella Città dei Templi con “Il fascino della divisa”

 Il fascino della divisa

Presso il Palacongressi di Agrigento sarà inaugurata questa sera la mostra “Il Fascino della Divisa – 2^ mostra di Uniformi Storiche e raduno fanfare e bande militari”, organizzata dall’UNUCI, con il MileExpo, dedicato agli appassionati di collezionismo storico e militaria. La durata dell’esposizione sarà accompagnata dal “Menu Tricolore” da parte dei numerosi ristoranti aderenti al Consorzio della Valle dei Templi (quali Leon d’oro, Akropolis, Marco Polo), con possibilità di poter gustare squisiti piatti a tema preparati con prodotti genuini e rigorosamente autoctoni.

Casa Natale di Pirandello oggi Vincenzo Sciamè, ritratto di PirandelloPirandelloPirandello

I convenuti potranno arricchire i loro itinerari turistici con la visita alla Casa Natale Luigi Pirandello (vis. Guidata dott. Claudio Castiglione, presidente Associazione guide Turistiche 360-284699), in cui è possibile scoprire fotografie, lettere, manoscritti e cimeli e mille curiosità sul Premio Nobel agrigentino, nonché l’urna cineraria murata nella vicina rozza pietra della campagna agrigentina.

Marta Abba davanti all

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La Casa Museo è il fulcro del Parco Letterario da cui è possibile intraprendere un viaggio sentimentale tra cortili, piazze, quartieri e paesaggi agrigentini (tel. 0922-511826).

Museo Archeologico dDa non perdere è la visita al Museo Archeologico Regionale, unico per la sua realizzazione strutturale e per i reperti ivi custoditi, dove è possibile ammirare un Telamone originale ricostruito che sosteneva la trabeazione del mastodontico tempio di Giove Olimpico, edificato per il trionfo agrigentino sui Cartaginesi nella battaglia di Imera del 480 a.c.


L

Melo Minnella, fotografoE per gli amanti della fotografia sarà possibile ammirare la mostra del maestro fotografo di Mussomeli, di cinquantennale esperienza, Melo Minnella, dedicata al Mediterraneo.

Ma tutti i siti archeologici dell’immediato hinterland agrigentino saranno visitabili gratuitamente a cominciare dalla Villa Romana di Realmente ad appena dieci minuti da Agrigento, con una capatina alla vicinissima Scala dei Turchi:

 Villa Romana di Realmonte (Agrigento)Villa Romana mosaicoPavimentazione policroma ad incastroMosaico della stanzadel delfinoVilla Romana Realmonte (Ag) mosaicoScala dei TurchiScala dei TurchiScala dei TurchiPunta della Scala dei TurchiLa baia della Scala dei TurchiScala dei Turchi, Realmonte (Agrigento)Visione da Punta Grande della Scala dei Turchi e di Capo Rossello

In mezz’ora può essere raggiunta, da Agrigento, Eraclea Minoa, con il suo teatro greco e un interessante antiquarium, e per gli appassionati della natura la visione del capo Bianco, della pineta e del mare africano, nonché dei sinuosi meandri del fiume Platani.

Eraclea MinoaCTS, Centro recupero Cattolica EracleaEraclea MinoaEraclea MinoaEraclea MinoaEraclea MinoaEraclea Minoa

Tempio della Concordia, Valle dei templi AgrigentoLa Valle dei Templi, visitabile tutti i giorni gratuitamente, ospiterà sabato 25 aprile alle ore 22.00 il clou della Settimana della Cultura, con un concerto di chitarra del Maestro Giuseppe Cammarata, intitolato “Note di Poesia” che intermezzerà straordinarie poesie a tema, interpretate dall’attrice Mariuccia Linder. Lo spettacolo sarà allestito davanti allo splendido scenario del Tempio della Concordia illuminato, con sullo sfondo gli altri santuari, pure illuminati.Cammarata Giuseppe, maestro di chitarra

Fabbriche Chiaramontane AgrigentoE in centro città, sarà visitabile una bellissima mostra di grande spessore sul Furismo siciliano, nell’ambiente delle artistiche Fabbriche Chiaramontane, che si sta connotando come struttura di grande rilievo destinata ad accogliere il meglio dell’arte siciliana e non solo.

Carlo Carrà, futurismo 

A 15 minuti da Agrigento, verso l’interno, potrà essere visitata la Riserva Naturale

delle “Macalube”, gestita da Legambiente, dove si manifesta uno dei fenomeni scientifici più rari al mondo di vulcanesimo sedimentario. Presso la Riserva Naturale delle “Macalube”, infatti, si può assistere al rarissimo fenomeno costituito da centinaia di vulcanelli di fango freddi, alti da pochi centimetri a un metro, da cui ribolle e fuoriesce una miscela di fango salmastro e gas metano.

Sparsi su un’area collinare a tratti pianeggiante e dall’aspetto quanto mai singolare, questi vulcanelli erano già descritti dai viaggiatori stranieri nei secoli XVIII e XIX, che ne avevano riconosciuto l’ importanza scientifica.

 

IL BAROCCO DI NARO

IL GENIO DI LEONARDO

Naro, Chiesa di San Francesco Leonardo da Vinci

Per la ricchezza dei suoi monumenti e soprattutto del suo barocco, la città di Naro (ad appena mezz’ora dal capoluogo) va visitata senz’altro. Anzi sarebbe una vera eresia scartarla. Affacciata sulla ridente Valparadiso, in posizione preminente (650 metri s.l.m.), la città di Naro è una vera perla d’arte. Nel suo territorio c’è traccia di primi insediamenti umani della prima età del bronzo, che testimoniano il suo inserimenti di pieno diritto nella storia della Sicilia. Città sicana, caduta poi nell’orbita fenicio-cartaginese, greca e romana, gli arabi la conquistarono nell’800, dandole l’attuale nome (Na-har, fuoco). Federico II la eresse tra le 23 città demaniali del regno, chiamandola la Fulgentissima, per le sue caratteristiche di città d’arte, che ne fanno tuttora un museo a cielo aperto. Chiese, catacombe, conventi sono disseminati a salire fino ad arrivare alla sommità, dove spicca l’imponente castello chiaramontano (monumento nazionale dal 1912), in un belvedere naturale dal quale si può vedere mezza Sicilia: l’Etna, Enna, Caltanissetta, Canicattì, il mare di Licata e Sciacca. Da ammirare la chiesa di San Francesco, il Museo d’arte Grafica con un Rembrandt, un Goya, un Dorè, un Guttuso, la chiesa medievale a tre navate con Agrigento, Festa di San Calogerosoffitto a capriate di Santa Caterina, la chiesa Madre con la sua originalissima facciata rosa e con stucchi serpottiani, la chiesa di S. Salvatore, la basilica di San Calogero, edificata sulla grotta, nella quale fu in eremo il santo nero.

Naro (Ag) Castello Chiaramontano

Durante la Festa della cultura, immancabile la visita al Castello Chiaramontano per conoscerne la prestigiosa storia, ma anche per visitare l’eccezionale mostra ‘Il genio di Leonardo da Vinci‘:

Leonardo da Vinci, vite d

una straordinaria esposizione di 70 modelli di macchine riprodotte a grandezza naturale attraverso i disegni di Leonardo da Vinci contenuti nei vari Codici (Atlantico, Hammer, Trivulziano, Arundel, Madrid, ecc.) e ricostruite da abilissimi artigiani sotto la supervisione di esperti ingegneri. Le macchine sono realizzate in legno, metallo e stoffa, in scala o a grandezza naturale, supportate da tavole esplicative, realizzate in 6 lingue (italiano, inglese, francese, spagnolo, tedesco, russo) con copia del disegno originale; sono inoltre predisposti pannelli illustrativi e didascalici, postazioni multimediali e la proiezione di un audiovisivo illustrativo.

Presso il Museo della Grafica sito in Via Piave, 121 (Palazzo Malfitano), la personale di fotografia dell’agrigentino Massimo Macaluso dal titolo: "Naro tra sguardi, risonanze e suggestioni". Per visite guidate, al Barocco di Naro, contattare Presidente Associazione Guide Turistiche Dott Claudio Castiglione 360-284699.

 

 

 

 

 

 

08 mercoledì Apr 2009

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cultura, letteratura - articoli, messina, natura, novelle pirandelliane, pirandello, solidarietà, terremoto abruzzo

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IL PROFESSOR TERREMOTO

(Pirandello dalla Sicilia all’Abruzzo)

Terremoto di Messina 1908 


Luigi Pirandello Il terremoto per Pirandello rappresenta l’imprevedibilità estrema della vita, che ci riserva in gran copia amarezze, drammi, tragedie e dolori; e viene a frustrare le illusioni e la vanagloria  degli uomini, i quali soltanto in queste occasioni riescono a cogliere l’essenza della loro umanità, della dignità, della solidarietà e del rispetto della natura.

Nella novella Il professor Terremoto, la sconvolgente catastrofe del 28 dicembre 1908 del terremoto di Reggio Calabria e Messina (con ben 130.000 morti) viene vissuta come una scoperta della grandezza “eroica” dell’uomo, che sa compiere miracolosi salvataggi, pur con il rischio della vita:

 

“Quanti di qui a molti anni, avranno la ventura di rivedere risorte Reggio e Messina dal terribile disastro del 28 dicembre 1908, non potranno mai figurarsi l’impressione che si aveva, allorché, passando in treno, pochi mesi dopo la catastrofe, cominciava a scoprirsi, tra il verde lussureggiante dei boschi d’aranci e di limoni e il dolce azzurro del mare, la vista atroce dei primi borghi in rovina, gli squarci e lo sconquasso delle case.

Io vi passai pochi mesi dopo, e da’ miei compagni di viaggio udii i lamenti su l’opera lenta dello sgombero delle macerie, e tanti racconti di orribili casi e di salvataggi quasi prodigiosi e di mirabili eroismi”

 

Pirandello, io-narrante, è come se avesse vissuto in prima persona i fatti, che gli furono raccontati dal fratello Giovanni, trasferito dall’Ente Ferrovie da Palermo a Messina nei primissimi giorni del 1909, su sua richiesta. Un evento vissuto traumaticamente dalla famiglia Pirandello, perché a Messina morì, sotto le macerie del suo palazzo, il cugino Luigi Pirandello, omonimo del Premio Nobel, ma coetaneo del padre Stefano (nati entrambi nel luglio 1835 a distanza di pochi giorni).

Nella novella, un viaggiatore racconta allo scrittore e al resto dei compagni di viaggio un suo particolarissimo caso e parla dell’eroismo umano in contrasto con la meschinità della vita di tutti i giorni:

 

Pirandello al lavoro“La vita non è fatta di questi momenti. La vita di tutti i giorni, voi sapete ben com’è: irta sempre di piccoli ostacoli, innumerevoli e spesso insormontabili, e assillata da continui bisogni materiali, e premuta da cure spesso meschine, e regolata da mediocri doveri.

E perché si sublima l’anima in quei rari momenti? Ma appunto perché si libera da tutte quelle miserie, balza su da tutti quei piccoli ostacoli, non avverte più tutti quei bisogni, si scrolla d’addosso tutte quelle cure meschine e quei mediocri doveri; e, così sciolta e libera, respira, palpita, si muove in un’aria fervida e infiammata, ove le cose più difficili diventano facilissime; le prove più dure, lievissime; e tutto è fluido e agevole, come in un’ebbrezza divina”

 

Ma questa aerea sublimità fino a quando può durare? Qui il viaggiatore Professor Terremoto, così definito umoristicamente dai suoi alunni, nel raccontare i singolari eventi della sua vita (dopo averli salvati nel terremoto, si prende carico della moglie, dei genitori e di tre figli e poi di cinque nati nella baraccopoli) non può fare a meno di considerare che, dopo i momenti “eroici”, si rientra inevitabilmente nei ranghi delle ordinarie vicende esistenziali e collettive:

 

“Lei non sa; lei non se n’accorge; non se ne può accorgere. Se ne accorgerà, quando l’anima le ricascherà, come un pallone sgonfiato, nel pantano della vita ordinaria”

 

Così, Pirandello ribadisce che la vita dell’uomo, soggetta alla grande ruota del tempo e della morte, che potrebbe essere vivificata nella sua durata, sempre e in ogni caso, dalla grandezza e dall’ “eroismo” quotidiano, è invece contrassegnata da egoismi, giuochi delle parti e di potere, da aspirazioni al superfluo e dalla rincorsa ai beni materiali, dalle delusioni singole e collettive.

L’uomo, in questa vana ed effimera ricerca, trascura la sua autenticità ed intanto il tempo scorre inesorabilmente e lo beffa.

E’ l’insegnamento dei terremoti e della nemesi della natura (ricordato ad esempio nella commedia “Non si sa come” e in altre novelle o romanzi) che postula l’apertura di una seria riflessione sugli scopi autentici dell’umanità, in presenza soprattutto di tali eventi luttuosi e sconvolgenti.

Sulla falsariga di queste meditazioni letterarie, ma umanissime e sempre attuali, in questo momento tragico del disastroso terremoto abruzzese, bisogna prendere coscienza di questo grande afflato di solidarietà che scatta nel popolo tutto, che non può essere soltanto il frutto del momento, ma deve poter durare, deve fare abbattere, ora e in futuro, steccati, veti, contrapposizioni sorde, che nulla di buono hanno finora prodotto.

L’Italia ha avuto troppi terremoti, sono state varate leggi – disapplicate o inadeguate – ci sono stati pochi controlli.

Occorre voltare pagina, riunire tutte le forze sane della nazione per una scommessa da vincere. L’inizio è promettente, ma sono le strategie, le lungimiranze, i risultati finali quelli che contano. Di fronte ad essi non ci sono differenze di movimenti politici, di partiti, di posizioni. Al di là dell’onda emotiva del momento e della tragedia immane, ne ricaviamo da Pirandello un insegnamento razionale e un monito per tutti, a futura memoria.

Il titolo umoristico della novella pirandelliana è assai emblematico: il terremoto è un vero "professore" e ci dà lezioni memorabili. Sta all’uomo tenerle sempre presenti e soprattutto farne tesoro, perché gli effetti dei terremoti, imprevedibili, in avvenire possano essere limitati e circoscritti.

 

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