“LA CULTURA DEL FEMMINILE” AD AGRIGENTO
Sorgente
Come le foreste danno ossigeno alla terra:
così tu donna dai respiro alla vita!
Come le centrali danno energia al lavoro:
così tu donna – per la macchina uomo –
come una sorgente senza fine
sei fatica, sei arte, sei scienza!
Tu donna nutri lo spirito del mondo
Tu donna sei dispensatrice d’amore
sei nettare nel cui calice
l’uomo succhia il senso delle cose
il sapore della vita
l’energia dell’essere.
Tu donna irradiatrice di luce
brilli – meravigliosa stella –
e alimenti le speranze degli uomini
barricati sulla terra.
Aurora Gardin
(L’attore Nino Bellomo)
Con questa bella poesia, il decano degli attori agrigentini, Nino Bellomo, ha chiuso in bellezza l’incontro pomeridiano, voluto dall’UCIIM agrigentina (Associazione Prof.le Cattolica di Dirigenti, Docenti e Formatori della Scuola e della F.P. presidente Giovannella Riolo) sul tema “La cultura del femminile ad Agrigento”, relatore lo storico Settimio Biondi svoltosi presso la Biblioteca- Museo Luigi Pirandello di Agrigento.
(Michele Placido)
A 85 anni Nino Bellomo recita e legge con la passione di sempre, che lo portò a calcare le scene di tutt’Italia, affiancando il grande Michele Placido, nell’atto unico di Luigi Pirandello “L’uomo dal fiore in bocca” e in “Uno sguardo dal ponte” di Arthur Miller. E nella serata al femminile l’attore agrigentino aveva dato un saggio della sua bravura interpretando, affiancato dalla nipote Esmeralda Calcullo, proprio l’Uomo dal fiore in bocca. La famiglia Bellomo è stata un vero connubio tra vita e teatro. Oltre al padre Nino, attore di fama nazionale, la figlia Virginia è stata apprezzata attrice assieme al marito Calogero Calcullo e ora dei genitori ha preso il testimone la figlia Esmeralda. Il figlio maschio di Nino, Francesco, ha intrapreso la professione di produttore teatrale e può vantare al suo attivo più di ottanta produzioni teatrali – realizzate coi grandissimi del teatro italiano, da Proietti a Placido.
(Il produttore teatrale Francesco Bellomo riceve il premio Sikelè)
L’incontro alla Biblioteca-Museo Pirandello s’è incentrato sull’interessantissima prolusione dello storico Settimio Biondi, non prima di una breve presentazione del direttore della Biblioteca-Museo, che ha lumeggiato il forte personaggio femminile dell’attrice Marta Abba, in relazione al rapporto affettivo con il suo Maestro e direttore artistico Luigi Pirandello, che scrisse per lei numerose opere teatrali. Settimio Biondi ha svolto una affascinante tesi della predominanza della cultura “femminile” nel modo di essere della società agrigentina, partendo addirittura dal XVII secolo a.c. con la scoperta dell’insediamento di Montegrande, la cui civiltà ad economia solfifera s’incontrò con quella egea, attirata dallo sfruttamento e dalle diverse applicazioni dello zolfo. Civiltà che si è tramandata e conservata grazie all’elemento femminile, fino al primo ‘900. Biondi ha poi tratteggiato la figura delle figlie di Cocalo, che si ribellarono all’arroganza di Minosse venuto da Creta per inseguire Dedalo, rifugiatosi alla corte del re siciliano. Questo mito rappresenta la valenza dell’elemento femminile che protegge e tramanda, contro la protervia dell’elemento “maschile” che violenta e distrugge, non inteso però sotto il profilo riduttivo maschio-femmina, perché la cultura femminile può imporsi ed essere predominante anche ad opera del maschio. Così nel sacco della città di Akragas, ad opera dei cartaginesi, fu l’elemento femminile che permise alla civiltà akragantina di sopravvivere, rimanendo e offrendosi in olocausto ai vincitori, che comunque si comportarono bene. Biondi ha ricordato poi la figura della moglie dell’arabo Ibn Gamud, che rimase da sola prigioniera dei normanni e fu riconosciuta come araldo di quella civiltà, e la forza e le capacità di governo di Maria Prefoglio, madre dei Chiaramonte e le sue discendenti Costanza I e II. Un riferimento forte il relatore ha fatto infine alla madre di Luigi Pirandello, Caterina Ricci Gramitto, la cui idealità spirituale “femminile”, connotato predominante della famiglia, trapassò nell’opera del figlio. Tesi affascinanti, da approfondire, verificare e dibattere, ma che in nuce recano una profonda verità del ruolo essenziale che l’elemento “femminile” gioca nella composizione della sensibilità e della spiritualità di ogni uomo.
(Dacia Maraini e le agrigentine, Aprile 2007)
In effetti l’impegno delle donne agrigentine, come ha sottolineato lo storico Settimio Biondi, è stato contrassegnato da una continuità di fondo. Le numerose associazioni femminili agrigentine, come Fidapa, l’Uciim, le Ande, il Soroptimist, l’Agorà delle Donne, hanno sensibilizzato fortemente l’opinione pubblica sui problemi più scottanti. Nello scorso aprile hanno voluto organizzare l’incontro con Dacia Maraini che ha presentato il suo ultimo libro “I giorni di Antigone”, nel suggestivo salone di S.Spirito (ex refettorio del Convento), fondato dalla battagliera Maria Prefoglio Chiaramonte nel lontano 1200. L’illustre scrittrice ha focalizzato il tema con riferimenti precisi a vicende della recente attualità, in relazione soprattutto alle violenze nei confronti delle donne, così come nel libro che raccoglie gli scritti degli ultimi cinque anni sul “Corriere della Sera” e su “Io donna”.
Nei caratteri della genialità, della forza e della femminilità, che non hanno sesso, stanno racchiusi come in una conchiglia i valori ambivalenti della vita, che postula necessariamente fecondante e fecondato, in un nesso continuo e indissolubile.
colfavoredellenebbie ha detto:
Leggo e spero di poter tornare presto in queste terre che amo tanto e che formano un’unica, preziosa filigrana con i doni prodotti nel tempo: l’arte, la scrittura e la civiltà…
Saluti riconoscenti
dalloway66 ha detto:
Caro Ubaldo un vero incontro telepatico. Anche se da angolature diverse, abbiamo trattato lo stesso tema.
In illo tempore la donna scoprì l’agricoltura, mentre l’uomo andava a caccia. E questo la dice lunga sulla tendenza tutta femminile alla stanzialità, alla sicurezza e la tendenza tutta maschile al nomadismo (anche affettivo), alle avventure, all’inseguimento…
caffeina66 ha detto:
Quanti bei ricordi al Piccolo…….
ubaldoriccobono ha detto:
Cara Dalloway, le affinità elettive e le telepatie sono belle, sono un conto aperto contro la solitudine e si fanno valere anche a distanza. Ciao dolce Signora.
ubaldoriccobono ha detto:
Già bei tempi, della Settimana Pirandelliana facevo recensioni su “La Sicilia”. Io ho avuto il privilegio, nella presentazione del mio romanzo, di avere dei lettori eccezionali: Nino Bellomo, Pippo Montalbano, Lia Rocco, Giovanni Moscato. Quella sera la ricordo minuto per minuto e non potrò mai dimenticare la gioia dei miei amici quando leggevano. Leggere un verso per loro è una performance da consumati professionisti. Diventano tanti bambini sulla scena, è proprio bella questa autenticità, cara Caffeina. Parliamo di gente che ha le caratteristiche del professionista, ma in fondo all’anima è rimasta amatoriale.
ubaldoriccobono ha detto:
Colfavore, il mare è grande e nuotiamo nella nebbia come pesci, e non sappiamo la vera meta a volte, ma il bello è incontrarsi e trovarsi e riconoscersi della stessa razza umana.
caffeina66 ha detto:
Ho militato al piccolo per 3 lunghe stagioni…bello, bellissimo. La regia delle rappresentazioni era di Gianni Salvo, il cast davvero meraviglioso. Pippo e Lia sono stati gli insegnanti di vita più generosi che abbia avuto. Ero poco più di una ragazzina e quelle stagioni mi hanno segnato per sempre.
Ubaldo hai un mente fina e un cuore generoso….questo lo deduco dalla grazia e gentilezza con cui tratti le donne. Da donna un grazie sincero.
ubaldoriccobono ha detto:
Caffeina, sicuramente ti conosco anche se non so dare un volto, i tuoi maestri sono carissimi amici miei, Pippo Montalbano è stato mio collega all’INPS, di Lia e il marito Antonio esiste un filo di parentela, Giovanni Sardone è amico mio, lo stesso dicasi di Enzo Alessi. Di Gianni Salvo ricordo in particolare un Cappiddazzu paga a tutti. Nella compagnia da lui diretta figurava una Calà, sorella del mio capo servizio alla Gazzetta dello sport, Gianni Calà. Grazie degli apprezzamenti, nel bene e nel male mi piace essere me stesso.
caffeina66 ha detto:
un saluto
babilonia61 ha detto:
Bellissimo e interessantissimo post per far capire la forza culturale del nostro sud.
Felicità
Rino, contento di leggerti
ubaldoriccobono ha detto:
Grazie Rino e bentornato, verrò presto a renderti visita. Sì, c’è tanta voglia nel Sud e nelle isole (Sicilia e Sardegna). Felicità a te 🙂
Tonksimo ha detto:
Ora farò la parte della bacchettona, ma d’altro canto è necessario avere anche altri punti di vista… Sai cosa della poesia non mi convice? La tendenza a rapportare la donna sempre e comunque all’uomo (tipico tra l’altro dell’uomo in se stesso)… come se fosse uno “strumento” atto a conferire un quid all’uomo. Come se l’esistenza stessa della donna fosse assunta a funzionalità per il genere maschile.
“tu donna – per la macchina uomo –”
“sei nettare nel cui calice
l’uomo succhia il senso delle cose”
“alimenti le speranze degli uomini
barricati sulla terra”.
La donna è spesso unicamente valutata in rapporto all’uomo, che sia sotto forma di influenza positiva che negativa… difficilmente viene valutata come “essere” in sé, svincolata dall’altro sesso. Tralasciando il caso della violenza e degli abusi sulle donne, che vanno combattute e debbono essere aspramente combattute, e nel cui ambito NON entro in merito in questo commento… molte donne sono ossessionate nel dall’approvazione maschile, che sia sessuale o emotiva. Entrano in conflitto tra loro, sono istabili e velenose quando si tratta di uomini, si sbranano letteralmente … mah! Non ho ancora compreso se sia una sorta di deformazione narcisistica o altro. Dall’altro lato…
“Gli uomini sono confusi… vogliono una donna che sia intellettualmente pari a loro, ma al tempo stesso la temono. Sognano una compagna da dominare, ma poi odiano la sua debolezza, è un conflitto molto forte che nasce dal rapporto con la madre, fonte di vita e dispensatrice di gioie e dolori” (Northern Exposure, Roslyn).
Yzma ha detto:
hai fatto un veroi e proprio reportage
bella la considerazione che hai messo a chiusura del post
ubaldoriccobono ha detto:
Cara Tonk, quel che dici è vero: la donna va valutata come essere in sè e sarebbe assurdo se ciò non fosse. Non posso darti un’interpretazione autentica della poesia, perchè non è mia. Tuttavia io l’ho inserita, per la valenza di un dialogo permanente che ci deve essere tra l’elemento femminile e quello maschile che c’è in tutti gli uomini, a prescindere dal sesso, cui si appartiene. Per migliorarsi e migliorare. Mi piacciono sempre i tuoi commenti. Torna spesso e dilungati. Un abbraccio
ubaldoriccobono ha detto:
Solare Yzma, qual piacere che il tuo splendore sia ancora venuto ad illuminare il mio blog e coincide con questi giorni solari. Le ultime parole sono per me la celebrazione di tutte le donne e della femminilità che esse rappresentano. Il segno della foto è fatto di tantissime piccole conchiglie e si trova al museo di Granville in Normandia. Ciao, solare